Javni nastopi

OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI DEL 50. ANNIVERSARIO DELLA RIUNIONE DELLA PRIMORSKA CON LA SLOVENIA
DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI SLOVENIA MILAN KUČAN

Nova Gorica, 14. september 1997

Foto: BOBO

Oggi e’ la nostra festa. La Primorska festeggia. Con essa tutta la Slovenia. Ricordiamo quel gran giorno in cui la slovena Primorska ha conquistato il diritto di riunirsi alla nazione madre. Con il Trattato di Pace delle Nazioni Alleate e quelle associate con l’Italia il 15 settembre 1947 veniva restituito alla Slovenia quasi un terzo del territorrio che ingiustamente le era stato tolto con il Trattati di Rapallo. Era questo un giorno molto atteso e desiderato e di grandissima importanza nella vita e nella storia della nazione Slovena e della Slovenia tutta. Giorno, che ha avuto e tuttora ha una decisiva influenza sulla vita della nazione slovena e del suo Stato, nonostante l’amara constatazione che una gran parte degli Sloveni e’ rimasta staccata dalla Madrepatria. Appena con la Primorska, dalle sorgenti dell’Isonzo fino alla Dragogna, la Slovenia ha ottenuto la sua vera configurazione territoriale, che le consente di vivere come uno Stato moderno. Senza la Primorska, la Slovenia non esiste.

Questa circostanza, per noi di grandissima importanza, non era solo un naturale adempimento delle centenarie aspirazioni per una Slovenia unita e per questo motivo la sua logica consequenza. Per l’adempimento di queste aspirazioni erano necessari dei fatti. Era necessaria la lotta, l’insurrezione e la guerra. Il confine con l’Italia - unico nell’emisfero occidentale - non e’ stato modificato perche’ gli Alleati contro il fascismo volevano riparare la precedente, per noi Sloveni, ingiusta decisione. Alla sua modifica ha contribuito in maniera decisiva la lotta antifascista di liberazione nazionale degli abitanti sloveni di queste terre. Questa lotta, come parte integrante della resistenza partigiana slovena, si e’ trasformata in una importante forza militare, fatto del resto non indifferente alle forze militari degli Alleati. Il suo contributo alla vittoria comune non poteva essere sorvolato. Con la numerosa ed efficace resistenza, particolarmente durante l’insurrezione della Primorska, la popolazione del Litorale sloveno aveva annullato i confini fissati dal trattato di Rapallo gia’ durante il periodo bellico.

Una specifica forza interiore dell’insurrezione deriva dall’iniziale opposizione degli Sloveni di queste terre contro l’inaudita snazionalizzazione forzata dell’Italia fascista, che pero’ non risparmiava nemmeno i democratici Italiani. L’antifascismo degli Sloveni ha una lunga storia a partire dall’incendio del Balkan a Trieste. Diverse azioni, gia’ molto presto, sono state pagate con la vita. Vanno in questo momento ricordate le condanne a morte pronuciate dal Tribunale speciale durante il I. e II. processo di Trieste, l’esecuzione di Basovizza, il vile inganno e la morte del Metropolita ed Arcivescovo Sedej, l’avvelenamento del poeta Lojze Bratuž, la TIGR, l’accorata opposizione di molti sacerdoti sloveni, intimamente collegati con il proprio popolo come pure la continua lotta e la resistenza clandestina del loro nucleo organizzato nella Associazione dei Sacerdoti di San Paolo, i villaggi incendiati, gli ostaggi, le torture, il campo di Rab (Arbe) ed altri campi di sterminio. Da queste esperienze tragiche, che gli abitanti avevano subito durante il periodo fascista, nasceva il senso acuto di pericolo di esistenza nazionale, che come prima ed unica necessita’ percepiva la liberazione e salvezza personale e quella della sua nazione. Questi ideali si sovrapponevano a tutti gli altri, sia politici che ideologici. E per questa ragione gli Sloveni della Primorska avevano optato in maniera univoca alla resistenza condotta dalla OF (FLN) slovena. Il nome od il suo indirizzo politico non erano rilevanti, quello che contava era il contenuto reale delle sue attivita’ di resistenza. La resistenza era la loro unica scelta, il colore politico del potere durante questo scontro decisivo era per tutti di secondaria importanza.

Le migliaia di donne e uomini di queste terre, perche’ gli Sloveni erano forzati a fuggire innanzi al terrore fascista e statale dell’Italia Mussoliniana ed a rifugiarsi in Slovenia e quindi nelle zone lontane del Regno di Jugoslavia nei Paesi d’Oltremare, erano gli iniziatori, organizzatori e combattenti della resistenza pronti a qualsiasi sacrificio. Come ex militari italiani gli Sloveni di queste terre entrarono numerosi nell’Esercito di Liberazione nazionale della Jugoslavia. E nello stesso formavano il principale nucleo umano e militare delle leggendarie Brigate d’oltremare, che nelle operazioni finali hanno dato un grandissimo contributo alla liberazione dell’Istria, di Trieste e tutto il Litorale sloveno. Il posto d’onore e centrale va al IX. Korpus, nel quale dopo la capitolazione dell’Italia si sono unite tutte le brigate partigiane della Primorska ed una parte della Gorenjska, tutte portavano il nome di un poeta sloveno o degli eroi della Resistenza. Hanno formato cosi’ un esercito e truppe d’assalto ben organizzate, nel quale c’era posto anche per gli antifascisti Italiani. Il IX. Korpus negli anni piu’ difficili difendeva la liberta’ della Primorska. A lui si appoggiavano gli Alleati durante le loro operazioni militari in Italia. Assieme con la IV. Armata jugoslava, che non avrebbe potuto esistere senza gli Sloveni, gli abitanti di queste zone, ha creato una reale prova, che nel periodo successivo decise la sorte della Primorska.

L’obiettivo vitale degli Sloveni di queste terre era la liberazione nazionale. Nella riunione con la Patria slovena vedevano la garanzia delle loro aspirazioni e nella lotta antifascista e di liberazione l’unica soluzione possibile. E proprio l’uomo della Primorska e’ la prova evidente che non e’ possibile vincere una nazione che combatte per la propria esistenza e dignita’. Sara’ possibile schiacciarlo, ma e’ impossibile privarlo della sua Patria. Percio’ il vero eroe della propria liberazione e’ il popolo sloveno di queste terre, quel popolo che e’ parte integrante della nazione slovena e della sua lotta per la propria liberta’ ed esistenza.

Basandosi sulla volonta’ di questa gente e del Comitato provinciale di liberazione, l’organo supremo della OF il 16 settembre 1943 ha motivato la propria decisione “sull’annessione del Litorale Sloveno alla Slovenia libera ed unita nella Jugoslavia liberata e democratica”. Questa decisione e’ stata successivamente approvata dai rappresentanti del popolo Sloveno riuniti a Kočevje il 3 ottobre 1943. E con questo atto, gia’ in quelle circostanze, il Litorale Sloveno entrava a far parte integrante del territorio statale sloveno. E rimane tutt’ora e rimarra’ fino a quando noi Sloveni, come comunita’, sapremo rispettare i propri interessi nazionali. Tutti gli eroi, conosciuti e non, della Lotta antifascista prima e durante la guerra, che hanno reso possibile questa realta, meritano tutto il nostro rispetto e il ricordo ossequiente, come pure il riconoscimento dello Stato.

Sulle sorti internazionali della Primorska decideva la Conferenza per la Pace di Parigi. In quell’occasione la Slovenia e’ stata riconosciuta come nazione parte integrante della federazione Jugoslava e collocata tra i vincitori nelle file delle Nazioni Unite. Questa decisione della Conferenza era di massima importanza per noi Sloveni in quanto rappresentava l’ultima occasione nella nostra storia, di riparare, almeno in parte, le ingiustizie territoriali che la politica delle nazioni grandi ha causato alla piccola nazione slovena. Il popolo sloveno, vincitore, non poteva essere piu’ diviso a piacere. Le grandi scritte sui muri di quasi tutte le case del Litorale in quel periodo proclamavano “Non desideriamo quello che non ci appartiene, ma non cediamo quello che e’ nostro“. E questa massima, allora molto democratica esprimeva la sua coscienza nazionale, il rispetto e anche l’onore, che si basavano su quanto gli Sloveni hanno contribuito alla comune vittoria alleata.

In base alla guerra di liberazione ed al Trattato di Pace, la Slovenia con il Memorandum di Londra ha ottenuto il suo sbocco sul mare e la tutela della minoranza nazionale, un accordo bilaterale sui confini ed altre questioni di rapporti interstatali di Osimo e con l’ultimo Accordo di Roma la soluzione dei problemi ancora aperti e relativi ai beni abbandonati. Con questo sono state create le basi giuridiche della nostra collaborazione e convivenza con la vicina Italia. Perche’ solo su basi giuridiche e politiche della Resistenza oggi e’ possibile parlare della Primorska nella Slovenia e della Slovenia come Stato. La lotta di liberazione della nazione slovena rimane percio’ la legittimazione morale piu’ limpida di fronte alla storia e del mondo intero fino alla proclamazione della propria indipendenza del 1991, da allora accomunate.

Dietro alla giornata che oggi ricordiamo, stanno una vita piena di sconforti, di umiliazioni, di speranze, la vittoriosa ribellione di una delle generazioni slovene piu’ provate. Viveva nel periodo, quando i sogni sul diritto di essere libero e rispettato come persona e nazione, erano come una stella inaccessibile nell’emisfero di un futuro molto lontano. Pero’ questa gente e’ andata a raccoglierla. I loro Čedrmac, quelli della TIGR, i movimenti antifascisti clandestini, la loro dignita’ e coraggio innanzi ai fucili e nei campi di sterminio, le unita’ partigiane ed i combattenti delle brigate d’oltremare con pazienza, tenacia, coraggio sono efficacemente riusciti a salvare la nazione slovena condannata a morte. Hanno creato un movimento unitario, capace di opporsi con il fucile in mano alle violenze del genocidio.

Per il futuro della Slovenia, per la sua posizione internazionale non e’ importante solo che la Primorska sia ritornata. Importanti sono le circostanze che hanno provocato questo ritorno. Non e’ ritornata con l’aiuto della Germania di Hitler, come speravano i collaborazionisti sloveni dopo la capitolazione dell’Italia e che cercavano di allargare le loro milizie dalla Provincia di Lubiana anche in queste zone. La Primorska e’ ritornata unicamente per merito della lotta della sua gente.

Il modo con il quale la Primorska da sola ha contribuito alla propria liberazione per gli Sloveni e per la Repubblica di Slovenia e’ di grande importanza anche oggi e senz’altro lo rimarra’ pure nel futuro. Ci fa presente che nella vita di una nazione esisitono pure delle cose che sono comuni a tutti noi. L’incapacita’ di riconoscere nelle differenze, che debbono essere rispettate, il comune interesse, ci rende impossibile di vivere una vita veramente libera, tollerante e creativa. Ci priva di forza e ci rende incapaci di adempiere agli obblighi e alle speranze della nazione assunti con la proclamazione della nostra indipendenza.

Oggi ricordiamo per gli Sloveni delle importanti decisioni ed azioni delle generazioni di allora del Litorale e di tutta la Slovenia. Qui, a Nova Gorica, ci ha accumunati pure il desiderio che dai loro ideali, dalla loro ribellione, dai loro sacrifici e duro lavoro, dal paziente, ben concepito ed organizzato movimento nazionale e della lotta partigiana, dall’armonia e solidarieta’ degli uomini di allora, possiamo attingere le forze e gli stimoli per le nostre responsabilita’. Responsabilita’ che la generazione attuale si e’ assunta per il presente ed il futuro. Anche per una attiva convivenza con i vicini.

Gli Sloveni e gli Italiani nella storia non abbiamo ancora avuto una vera occasione per un buon vicinato. Ne’ gli uni ne’ gli altri non abbiamo ancora imparato vivere in pace uno con l’altro e non solo uno accanto all’altro. Ora il tempo e’ adatto. E’ il momento della pacificazione paneuropea. Ed e’ pure il momento, di sorpassare il passato che ancora incide sui nostri rapporti. In questo ci puo’ aiutare la collaborazione dei movimenti della Resistenza di tutte e due le nazioni, durante l’occupazione nazista. Ma questo importante atto di spirito e della politica non sara’ possibile, se con ostinazione vogliamo conoscere unicamente e solo la propria verita’, e nulla, o poco, facciamo per conoscere pure la verita’ dell’altro per quel stesso periodo. Non e’ sempre simpatica e quindi cerchiamo di cancellarla dalla memoria. Ma sarebbe onesto, proprio per le generazioni piu’giovani, farla rientrare. Non perche’ non vogliamo perdonare, ma anche perche’ dimenticare e’ tutt’altra cosa che perdonare. Se una parte della memoria ci e’ venuta a mancare, anche quella dell’aggressione, delle violenze di guerra, sulle conseguenze ed il collegamento dei fatti successi, non e’ possibile creare una solida fiducia.

Non si dice per la prima volta che la Slovenia democratica deplora come legalmente e moralmente inammissibili gli eccidi illeciti dei collaborazionisti perdenti, ma anche degli appartenenti agli eserciti di aggressione e dei loro collaboratori civili alla fine delle ostilita’ e nel primo periodo postbellico. Questo e’ il pensiero della Slovenia riguardo a quanto e’ successo tra di noi Sloveni. Non puo’ e non vuole acconsentire a questo tipo di rese dei conti e nemmeno come trattare i morti.

Gli eventi dell’ immediato dopoguerra che sono da deplorare e condannare dai punti di vista morale e giuridico ed ai quali la storia deve ancora dare un reale estensione, non potranno mai essere compresi e trattati senza tener conto del pesante e tragico passato delle popolazioni slovene di queste terre almeno a partire dalla prima guerra mondiale. Soprattutto non si potra’ scinderlo dall’attacco dell’Italia fascista il 6 aprile 1941, della successiva occupazione ed annessione forzata dei territori sloveni. E qui’ bisogna parlarci chiaro. Come il confine di Rapallo era la fonte e la causa delle non ancora del tutto chiarite sofferenze e perdite, non ancora contate, delle popolazioni slovene del Litorale tra le due guerre, cosi’ l’aggressione dell’Italia fascista del 1941 era la causa e la fonte primaria degli orrori, che questa guerra ha provocato agli Sloveni, ma anche la causa e fonte primaria di tutti gli episodi tragici, che sono successi, anche agli Italiani in queste zone alla fine della guerra. Non ci e’ possibile accetare le affermazioni, che in questo contesto vengono soventemente ripetute sul confine itali-sloveno, che alla fine delle guerra si trattave di “pulizia etnica” e per un regolamento dei conti ideologico del comunismo sloveno con i suoi avversari. Ma sempre si trattava della resa dei conti con gli esecutori dell’ oppressione fascista e dell’ occupazione. Questo non puo’ essere dimenticato.

Non puo’ essere altrimenti. Ciascuno deve affrontare la propria coscienza sulle ingiustizie che ha provocato all’altra parte. Con il dimenticare non si puo’ costruire la fiducia, che e’ condizione per una futura vita comune, pacifica e creativa. Ed e’ proprio questo che desiderano tanto sia la Slovenia che l’Italia: vivere in un mondo di pace, di rispetto della dignita’ umana e del suo diritto ad una vita libera ed assumono quindi la responsabilita’ verso i propri cittadini ed agli obblighi assunti diretti alla collaborazione e collegamento in Europa. Una parte di queste responsabilita’ e’ pure il rispetto e la tutela speziale delle minoranze. Queste sono fatto storico, che siamo richiamati a proteggere. Non per ragioni di reciprocita’, ma per il nostro doveroso rispetto verso i principi di democrazia. L’appoggio che l’Italia democratica da alla Slovenia nel suo inserimento nelle integrazioni europee ed atlantiche, come pure i buoni rapporti ed il confine aperto, sono chiari segni di una tale volonta’ nonche’ la sua conferma.

Riflettendo sul passato facilitiamo la via al futuro. Proprio per il futuro dobbiamo conservare le rimembranze del tragico passato, quando il fratello alzo’ la mano contro il fratello ed il vicino contro il vicino. Per la pace interna, per il futuro e per la nostra personale dignita’ dobbiamo dare un nome a ciascuna tomba ed onorare le lacrime. Perdoniamo, partecipamo ai sentimenti altrui e ricordiamo il male che le guerre e le divisioni politiche ed ideologiche comportano. Charles de Gaulle nelle sue Memorie di Guerra scrive: “Il tempo porta il suo. Un giorno le lacrime spariranno, la rabbia sara’ esaurita, le tombe saranno raddrizzate con la terra. Ma la Francia rimarra”. Rimarra’ pure la Slovenia, rimarra’ la Slovenia con la Primorska, la Slovenia che ha per vicina l’Italia democratica.

Oggi ricordiamo dei grandi uomini e le loro azioni. Non perche’ siamo rivolti verso il passato, nei vecchi pensieri e dilemmi, ma perche’ a questo ci obbliga il futuro. Le grandi azioni degli antenati ed il loro rispetto non possono soddisfare le aspirazioni e le necessita’ delle giovani generazioni. Pero’ fornirano a loro la consapevolezza e la forza, che quando assumerano le loro responsabilita’, di rispondere alla chiamata della vita, della nazione e della patria. Senza modelli del passato non esistono ideali per il futuro. Ai giovani che con valore stanno assumendo le responsabilita’ pubbliche, auguriamo che il loro tempo sia pieno di occasioni. Nessuno si deve sentire di troppo o messo in disparte, abbandonato a se’ stesso ed alle sue preoccupazioni, senza tutela e senza futuro. Tutti insieme apriamoci lo spazio per un attiva collaborazione tra tutti i popoli, per la mutua attivita’ delle nuove forze ed idee e dell’esperienza e senno degli anziani. La Slovenia e’ una nazione di tutte le generazioni e di diverse convinzioni. La collaborazione ci dara’ nuovi impeti e la coscienza che come Stato saremo aperti ai piani comuni dell’unificanda Europa e di dare il nostro contributo nella loro formazione e realizzazione. Non siamo in molti, pero’ anche l’odierno ricordare ci insegna che la vera forza della nazione slovena, di tutti i nostri cittadini, non puo’ essere valutata quando ci uniamo per il raggiungimento di un fine comune. Cosi’ era sotto il fascismo, cosi’ era durante la seconda guerra mondiale e durante la guerra di liberazione, e cosi’ era al momento dell’idipendenza dello Stato sloveno. E cosi’ sia, quando vogliamo con tutto il diritto personale e nazionale alla diversita’ entrare alla pari nella societa’ organizzata delle nazioni e degli Stati d’Europa, che stanno creando la civilita’ del terzo millennio.

Questa e’ una buona, ma esigente scelta del futuro. Non e’ quella ideale, ma e’ reale. Per noi come pure per tutte le nazioni europee. Alle sue provocazioni dobbiamo reagire con le nostre risposte. Non possiamo perdere la nostra occasione europea correndo dietro ad ideali o risposte che altri hanno trovato secondo le loro esigenze. La cura per la creazione delle proprie possibilita’, del benessere e della giustizia sociale della nostra gente e, specialmente per la conservazione dell’identita’ nazionale, e’ solamente nostra. Ed e’ lasciata alle nostre capacita’ ed e’ quindi un nostro diritto. Ed in questi nostri sforzi, come del resto anche gli altri, abbiamo bisogno di comprensione, aiuto e collaborazione. Questa e’ la reale speranza per le nuove generazioni.

Signore e signori, oggi e’ giorno di festa. Ma in noi non c’e’ alcun trionfalismo. La nostra festa e’ rappresentata dalla mano tesa ai vicini d’oltre confine per la collaborazione, convivenza ed il comune viaggio verso il futuro. Viaggio aspettando la loro stretta di mano.

Oggi ricordiamo le generazioni, che ci hanno dato molto di piu’ di quanto hanno ricevuto dai loro antenati. Tale e’ il nostro dovere. Cerchiamo di dare al futuro piu’ il quanto abbiamo potuto ricevere dal passato. Cogliamo l’occasione.


 

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